SOMMARIO
Nel 67% dei casi la morte, in Italia, avviene per malattie cardiocircolatorie e tumori, con il triste primato, in entrambi i casi, della regione Lombardia. Malattie spietate, che incutono timore e che rappresentano rispettivamente la prima e la seconda causa di mortalità. Ma le prospettive di vita si allungano grazie ai progressi medici, continui e incoraggianti, che si esprimono in ricerche all’avanguardia per la formulazione di nuove cure e terapie (tra cui il primo trapianto di cuore artificiale completamente autonomo e l’immunoterapia contro i tumori). Ecco quali sono le più promettenti
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Malattie cardiocircolatorie
Su circa 590.614 decessi avvenuti in Italia nel 2011, in 221.889 casi la morte è derivata da malattie del sistema cardiocircolatorio, la cui causa principale è rappresentata da malattie ischemiche del cuore (74.191 decessi, di cui 28.178 per infarto miocardico acuto). La regione che soffre maggiormente è la Lombardia (30.724 morti), seguita da Campania (21.085) e Sicilia (20.145) (dati Istat). Rappresenta, in Italia, la prima causa di morte.
Perché? La spiegazione è da ricercare nei molteplici fattori che la possono provocare. Genetica e famigliarità con la malattia, età (maggiore il rischio nei soggetti anziani, poiché le pareti delle arterie si restringono con l’avanzare dell’età), obesità e regimi alimentari scorretti. Anche nocivi stili di vita possono incidere sul verificarsi della patologia: fumo e alcol sono estremamente dannosi, il primo danneggia le cellule che rivestono i vasi sanguigni, aumenta la pressione sanguigna e il livello di monossido di carbonio nel sangue, mentre il secondo aumenta il rischio di aterosclerosi. Infine scarsa prevenzione (a cui sono abituati specialmente gli uomini, che non amano sottoporsi alle visite periodiche) e patologie specifiche (diabete, colesterolo, ipertensione, obesità), peggiorano il quadro.
Come ridurre i rischi quindi? I consigli sono sempre gli stessi: eliminare alcol e fumo, sottoporsi a visite mediche periodiche, adottare stili di vita salutari e praticare attività fisica.
Senza dimenticare il supporto fondamentale che proviene dalla ricerca medica, che, nel suo progresso continuo, mai si arresta a escogitare nuovi metodi per curare e prevenire queste patologie.
Ecco quali sono le ultime indagini più promettenti.
Si preannuncia come salvezza per i molti pazienti affetti da patologie cardiache, senza rischio di rigetto e con la promessa di migliorarne sensibilmente le condizioni di vita nella quotidianità. È la notizia, di appena un mese fa, riguardante il primo trapianto di cuore artificiale completamente autonomo, effettuato dall’equipe dell’ospedale Georges Pompidou di Parigi, su un paziente affetto da insufficienza cardiaca terminale. Il cuore, concepito dall’azienda francese Carmat dopo vent’anni di studi e ricerche, è costituito da una bioprotesi interamente impiantabile, formato da quattro valvole e due ventricoli, in grado di riprodurre fedelmente un normale cuore umano, diminuendo o accelerando il flusso in base alle attività dell’individuo.
Guarda il video sul trapianto di cuore artificiale eseguito dall’Ospedale Georges Pompidou
È una scoperta che in un futuro (non troppo lontano) potrebbe produrre nuovi medicinali, stabilendo in anticipo i tempi di degenza. Si tratta dell’indagine che porta la firma del Policlinico Gemelli di Roma, con la collaborazione della Harvard Medical School e del Brigham and Women’s Hospital di Boston, che ha individuato un tipo di cellule staminali cardiache, che, in buone capacità riproduttive, sono in grado di difendere il cuore a seguito di un infarto o intervento di bypass. L’intuizione è derivata dall’aver osservato i tempi di guarigione di 38 pazienti, significativamente più rapidi rispetto ad altri individui che si erano sottoposti allo stesso intervento. La biopsia cardiaca ha chiarito il perché: maggiore era la capacità replicativa delle cellule, e minori erano i tempi di degenza.
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Piero Anversa, ricercatore al Center for Regenerative Medicine del Brigham and Women's Hospital e considerato uno dei maggiori esperti sulle staminali a livello mondiale, ha commentato così la ricerca (come si legge sul sito del Policlinico): « Le proprietà della crescita delle staminali cardiache umane residenti potrebbero divenire, in futuro, predittivo della prognosi clinica di altre malattie cardiache. E ancora più importante, potremmo esser in grado un giorno di isolare e moltiplicare per terapie la piccola parte di staminali giovani e funzionanti, per poi sviluppare dei nuovi trattamenti sperimentali per lo scompenso cardiaco».
Una molecola in grado di stimolare il cuore a rigenerarsi dopo un infarto: è la ricerca che giunge dall’Università di Stoccolma in collaborazione con l’Università di Harvard, e pubblicata sulla rivista Nature Biotechnology. Il team guidato da Kenneth Chien dell’Istituto Karolinska ha osservato come, somministrando al piccolo cuore dei topi una sola iniezione contenente la molecola (Rna messaggero), in grado di produrre il fattore di crescita Vegf-a, l’organo “tornasse come nuovo”. I ricercatori confidano adesso di iniziare trial clinici sull’uomo, sperando di confermare il risultato ottenuto sugli animali: la non formazione di tessuto cicatriziale a seguito di infarto, fattore che compromette il buon funzionamento del muscolo. Lo studio, decisamente innovativo, potrebbe rappresentare la seconda direzione, oltre all’utilizzo di staminali, nella ricerca medico-scientifica.
Le fibre alimentari prevengono malattie cardiovascolari e obesità. Il recente studio, condotto dal Center for Community Health and Health Equity, in collaborazione con il Brigham and Women's Hospital e l'Harvard Medical School di Boston, pubblicato su The American Journal of Medicine, ha indagato le abitudini alimentari di 23.000 individui, constatando appunto che una dieta alimentare ricca di fibre previene le malattie del cuore e tiene sotto controllo il peso. Al contrario, un regime povero di fibre, causa un rischio maggiore di sviluppare queste patologie, come attacchi cardiaci. Frutta fresca, legumi, cereali integrali e verdura sono quindi gli alleati da portare in tavola, anche per i più piccoli. Bastano 7 grammi di fibre al giorno.
I Tumori
In Italia, ma anche nel resto dell’Unione Europea, i tumori rappresentano la seconda causa di morte, subito dopo le malattie del sistema cardiocircolatorio. I livelli di mortalità sono più alti negli uomini, nonostante i decessi maschili stiano diminuendo più rapidamente rispetto a quelli femminili. Solo nel 2011, 175. 363 italiani hanno perso la vita a causa di questa malattia, con il triste record, nuovamente, della Lombardia che conta 30.030 decessi, seguita da Lazio (16.378) e Piemonte (14.779) (dati Istat). Significative le informazioni che provengono dalla Campania: su 14.300 morti, la metà (7.566) viveva tra Napoli e provincia.
Ma dalla ricerca arriva qualche notizia di speranza.
Secondo la prestigiosa rivista Science, è la scoperta scientifica più promettente e significativa del 2013, costituendo una vera rivoluzione per la ricerca contro il cancro. Si tratta dell’immunoterapia, cura basata sul sensibilizzare e rafforzare il sistema immunitario, attraverso anticorpi o vaccini (creati per lo più in laboratorio sulla base delle cellule cancerose provenienti dal paziente) che hanno il compito di insegnare all’organismo come difendersi dal male che lo invade, aggredendo le cellule malate. Per ora l’approccio si è dimostrato valido solo per specifici tipi di cancro (soprattutto quelli della pelle), ed è quindi importante non ingigantirne i vantaggi e i benefici raggiunti, anche se molti specialisti in oncologia affermano l’inizio di una nuova era nella lotta contro i tumori.
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Un’altra arma per combattere il cancro arriva dalla ricerca genica: si tratta di cellule normalmente corrotte dai tumori, trasformate in vere e proprie bombe anti-tumorali. Lo studio, durato 18 anni e pubblicato il 1° gennaio 2014 sulla rivista Science Translational Medicine, è stato condotto dall’Istituto Telethon per la Terapia Genica (Tiget) del San Raffaele di Milano, in collaborazione con l’Università del Queensland in Australia. Nello specifico lo studio svela come i macrofagi, cellule del sangue, possano essere convertiti in geni anti-tumorali per combattere la malattia. Il gene terapeutico scelto per bloccare lo sviluppo del cancro è l’interferone alpha, fatto agire solo nella neoplasia , evitando effetti tossici al resto dell’organismo. Una volta nel tumore il gene riprogramma il micro-ambiente tumorale, creando una situazione ostile alla sua crescita, portando quindi alla morte delle cellule tumorali e dei vasi sanguigni, e stimolando inoltre la risposta immunitaria. I ricercatori si augurano adesso di poter iniziare test preclinici per individuare quali tipi di tumori rispondono meglio alla terapia, oltre alla vera e propria sperimentazione clinica.
Guarda il video di Telethon sulla terapia genica
La Food and Drug Administration, ente governativo statunitense che si occupa della regolamentazione di prodotti farmaceutici e alimentari, dipendente dal Dipartimento della Salute e dei Servizi Umani degli Stati Uniti, ha deciso di dare corsia preferenziale all’esame e alla (probabile) futura approvazione di un farmaco, contro i tumori polmonari, della GlaxoSmithKline, già approvato per il trattamento della malattia, riconoscendolo come “terapia rivoluzionaria”. Il medicinale, a base di dabrafenib, ha ottenuto, nei test di seconda fase alla cura, esiti considerati promettenti dai ricercatori.
Inoltre, i risultati di uno studio condotto dall’Istituto nazionale dei tumori di Milano, e pubblicati sul Journal of Clinical Oncology, ha dimostrato di poter effettuare la diagnosi di tumore al polmone con il prelievo del sangue, un approccio sicuramente più repentino rispetto alla Tac spirale. La ricerca è stata condotta su un gruppo di 939 accaniti fumatori, mostrando appunto che l’esame, in grado di individuare 24 microRna presenti nel sangue e collegati alla presenza della malattia, ha individuato la neoplasia con due anni di anticipo rispetto al metodo della Tac spirale. L’approccio sperimentato, inoltre, riduce dell’80% il numero dei falsi positivi risultati dalla Tac, e individua il tumore con una sensibilità dell’87%. Altro aspetto importante del metodo della diagnosi, la bassa invasività sul paziente.
Una scoperta che, in 15 anni, potrebbe curare la leucemia attraverso un midollo osseo artificiale (struttura spugnosa simile al midollo), dove far crescere staminali ematopoietiche, tra le più difficili da riprodurre in laboratorio, prima di iniettarle nel paziente. Ad annunciarlo il Karlsruhe Institute of Technology, università del Baden-Württemberg (Germania) e centro di ricerca nazionale dell'associazione Helmholtz-Gemeinschaft. Si è osservato come, introducendo le staminali prelevate dal cordone ombelicale, nella struttura artificiale, e nutrendole per settimane, le cellule si fossero riprodotte mantenendo comunque inalterate le loro specifiche caratteristiche. I ricercatori affermano che in 10-15 anni sarà possibile ottenere una cura personalizzata per i malati, studiando, grazie a questa ricerca, le interazioni tra staminali e midollo sintetico.
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