SOMMARIO
Per i prossimi anni si profila uno scenario di financial repression: i rendimenti saranno più bassi delle medie degli ultimi anni. In generale, gli investitori che puntano su performance di lungo periodo, dovranno da un lato affrontare maggiori incertezze e rischi potenziali di perdite. Dall'altro dovranno imparare gradualmente a diversificare di più, introducendo tipologie di investimento che ancora qualche anno fa erano considerate “esotiche”, oppure adatte a portafogli di elevato ammontare. Ad esempio…
Long Life 2015/Ahi! È in arrivo la financial repression
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Il risparmio di lungo periodo nei prossimi cinque, dieci, forse quindici anni, dovrà fare i conti con uno scenario ancora pochi anni fa inimmaginabile. Si tratta della cosiddetta “financial repression” , una espressione difficilmente traducibile in italiano ma che potremmo definire “restrizione dei rendimenti”.
In termini economici la financial repression indica una compressione delle performance delle attività finanziarie, in particolare delle obbligazioni e dei titoli a reddito fisso, al di sotto del tasso di inflazione corrente. Più in generale si può parlare di financial repression in tutte quelle situazione macroeconomiche di lungo periodo in cui il ritorno degli investimenti si colloca stabilmente su livelli inferiori rispetto alle medie storiche.
Ebbene, è questo lo scenario che si sta profilando per i prossimi anni, sia sul mercato delle obbligazioni che, in misura più contenuta, nell'investimento azionario. Si tratta di una situazione molto complessa per i risparmiatori, che non dà adito a facili vie d'uscita.
In generale, gli investitori di lungo periodo, per ottenere rendimenti un po' migliori di quelli correnti sulla attività a basso rischio dovranno da un lato affrontare maggiori incertezze e rischi potenziali di perdite in conto capitale. Dall'altro dovranno imparare gradualmente a diversificare di più i loro attivi e il loro portafogli, introducendo tipologie di investimento che ancora qualche anno fa erano considerate “esotiche”, oppure adatte a portafogli di elevato ammontare (si vedano in proposito i due portafoglio elaborati recentemente da OF).
Tra le nuove “asset class” , categorie di investimento, con cui i risparmiatori dovranno imparare a familiarizzarsi ci sono le obbligazioni in valuta locale e in valuta forte dei paesi emergenti, i titoli high yield (alto rischio, alto rendimento), le tradizionali obbligazioni societarie, e poi i titoli azionari (indici e settori) di aree del globo che vanno al di là dei familiari listini europei. E ancora, le commodities e i metalli preziosi. Oppure grandezze astratte come “la volatilità”, ovvero quelle oscillazioni dei prezzi di mercato di titoli e azioni che rientrano nelle politiche di investimento di alcuni fondi specializzati.
Il tutto per ottenere guadagni che secondo un recente studio della banca d'affari americana Morgan Stanley potrebbe portare un portafoglio composto per il 60% di obbligazioni e per il 40% di azioni a un guadagno nominale (al lordo dell'inflazione) di lungo periodo sull'arco dei prossimi 10 anni del 4,5% annuo per l'Europa e del 4,6% per gli Stati Uniti. Performance quasi dimezzate in confronto alle medie storiche di rendimento, visto che negli ultimi 20 anni gli stessi portafoglio bilanciati hanno fruttato mediamente il 9,2% annuo in l'Europa e l'8,5% negli Stati Uniti.
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